L’alimentazione della donna durante la gravidanza influenza in modo significativo la sua salute, ma anche quella del suo bambino. Per questo è opportuno dedicare tempo e attenzione a uno stile alimentare sano ed equilibrato, evitando restrizioni drastiche che possono provocare a lungo andare carenze nutrizionali anche gravi.
Sono, come sempre, i famosi carboidrati a terrorizzare le future mamme: si tratta di una classe di macronutrienti di cui pasta, pizza, patate, legumi e pane sono ricchi. Ma perché sono così (spoiler alert: immotivatamente) spaventosi?
Non saprei cosa rispondere a questa scomoda domanda. In realtà, come sempre, alterazioni di peso fuori scala e ingrassamento oltre quanto auspicato non dipendono solo dai carboidrati, ma dalla dieta nella sua interezza.
Le raccomandazioni per una gravidanza in salute
L’aumento di peso normale della madre a fine gravidanza si aggira attorno ai 10 kg, ma dipende dal peso pre-gravidico: dovrebbe essere maggiore nelle donne sottopeso all’epoca del concepimento, e minore nelle donne sovrappeso o obese.
L’aumento ponderale non ha solamente un valore estetico per le future madri: il peso assunto a fine gravidanza ha un rapporto stretto con l’esito della gravidanza stessa. Secondo l’Institute of Medicine americano meno del 40% delle gestanti raggiunge l’incremento ponderale auspicato: le donne con basso peso prima della gravidanza aumentano meno di quanto consigliato predisponendo per basso peso del nascituro e parto pretermine, mentre quelle con alto indice di massa corporea tendono ad aumentare più di quanto raccomandato accrescendo il rischio per macrosomia fetale e taglio cesareo.
Anche un eccesso di proteine e grassi, come purtroppo si è abituati ad assumere in una dieta di stampo occidentale, comporta dei cambiamenti importanti nell’assetto ormonale materno e fetale verso un quadro diabetogeno, esasperando una situazione che già si manifesta durante una gravidanza fisiologica:
Prima parte della gravidanza | Dopo la 20° settimana | Ultime settimane di gestazione |
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Nella prima metà della gravidanza i livelli di glucosio a digiuno sono inferiori rispetto alla condizione extra-gravidica, mentre dopo i pasti non si verifica un aumento spiccato della glicemia grazie all’elevata sensibilità degli organi all’insulina. |
Dopo la 20° settimana si sviluppa la resistenza all’insulina tipica della gestazione, anche a causa della produzione di ormoni specifici come l’HPL da parte dell’unità feto-placentare. |
Al termine della gestazione, la glicemia si mantiene a livelli elevati dopo i pasti mentre rimane più bassa a digiuno rispetto alle condizioni extra-gravidiche, con un aumento della resistenza periferica all’insulina (il cui picco massimo è alla trentaduesima settimana). |
Cambiamenti ormonali del quadro glucidico in corso di gravidanza non complicata e tipico profilo diabetogeno della gravidanza fisiologica.
SCRIVICI SU WHATSAPP!Carboidrati e diabete mellito gestazionale: esiste un collegamento?
Se perfino una gravidanza non complicata comporta l’instaurarsi di un profilo diabetogeno, molte mamme temono il diabete mellito gestazionale (GDM), una condizione tristemente nota in cui evolve il 6-7% delle gestazioni. Ne sono così spaventate da eliminare dalla propria dieta proprio i carboidrati (e solo i carboidrati), cadendo nel sillogismo-tranello: se un profilo diabetogeno è l’anticamera del diabete e il diabete è causato da errata risposta ormonale ai carboidrati assunti con la dieta, allora un profilo diabetogeno è causato da errata risposta ormonale ai carboidrati.
Lo hai già letto l’articolo sulle euristiche, veri e propri tranelli della mente?
Se però è vero che i carboidrati sono i principali responsabili dell’incremento della glicemia dopo i pasti, non è certo che siano proprio questi a determinare l’insorgenza di GDM. Piuttosto parrebbe che alcuni regimi alimentari caratterizzati da un basso tenore di fibre, un eccesso di grassi e protidi, e una predilezione per alimenti a elevato indice glicemico siano correlati a un aumentato rischio di GDM – sebbene le evidenze a sostegno di tale affermazione non siano così solide.
Le donne che aderiscono alla Dieta Mediterranea (quella vera!) hanno un rischio più basso di sviluppare GDM. Ne deriva che anche in gravidanza il modello alimentare più efficace rimane quello che prevede che il 45-60% delle calorie complessive giornaliere provenga da carboidrati complessi rispettando le stesse raccomandazioni per la popolazione generale (che poi, un’apologia per gli zuccheri semplici è quasi d’obbligo).
Il piatto di pasta? Anche tutti i giorni!
Ancor più importante del primo piatto in sé (farro, riso, pasta, orzo, ecc.), che non deve spaventare le future mamme, è l’attenzione che deve esser riposta nei confronti dei condimenti: vanno preferiti sughi “semplici” magari a base di verdura o anche di legumi, con una giusta porzione di grassi.
La fibra, di cui i prodotti vegetali sono ricchi, contribuisce anche a ridurre il carico glicemico complessivo della dieta (se te lo sei perso, ecco un approfondimento sull’indice glicemico), cosa che assume particolare valore per le gestanti con diagnosi di GDM o storia di GDM in una precedente gravidanza, modulando la risposta glicemica e insulinemica post-prandiale e prolungano il senso di sazietà
Zanoio, L., Barcellona, E., Gabrio, Z. 2011. Ginecologia e Ostetricia. Elsevier.
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Maggiori informazioni dall’Istituto Superiore di Sanità: https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/d/diabete-gestazionale#cause.
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