Con l’inverno alle spalle si sta virando lentamente ma in maniera inesorabile verso la stagione calda; sapete cosa significa? Beh, ancora per un altro mesetto (forse due o tre) le farmacie faranno bella mostra di integratori vitaminici per combattere una malattia mostruosa, che colpisce democraticamente grandi e piccini, terribile nella sua potenza: il mal di primavera! Attenzione, si tratta di un disturbo più subdolo dell’oculorinite allergica (per gli amici, raffreddore da fieno), e anche più ineffabile rispetto alla depressione stagionale, un’affezione ben documentata in letteratura medico-scientifica e che non risparmia di certo il sesso femminile: l’unico rimedio pare sia usare (e abusare) preparati ricostituenti. Pare.
Per questo 8 Marzo, che può dare il via alla bella stagione sebbene sul calendario manchino un altro paio di settimane all’equinozio, vorrei parlare di una classe particolare di micronutrienti alleati delle donne, a cui ci si approccia sotto supervisione specialistica: direi che si tratta di una delle rare situazioni per cui l’integrazione ha davvero motivo di essere presa in considerazione, pur in assenza (attenzione!) di un quadro carenziale – altro che mal di primavera!
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Prendiamola larga: innanzitutto diamo una definizione alle vitamine: cosa sono esattamente questi micronutrienti?
Si tratta di composti organici essenziali che l’uomo può assumere con la dieta in quantità limitata. O meglio: le vitamine sono composti organici che un uomo deve assumere con la dieta in quantità limitata, perché non è in grado di sintetizzare (o perché la flora batterica ospite del tratto gastrointestinale non è in grado di sintetizzare) in misura adeguata al fabbisogno dell’organismo.
Conosciamo tutti le famigerate vitamine del gruppo B, le vitamine A, C e D; per qualcuno potrebbe anche non essere una sorpresa sapere che esistono le vitamine E e K. Se a questi micronutrienti spetta l’arduo compito di coadiuvare le azioni enzimatiche del nostro metabolismo e così garantire una corretta funzione di tutti i tessuti, partecipando alla produzione di energia, regalandoci un’azione antiossidante e depurativa, migliorando i meccanismi difensivi del sistema immunitario, contribuendo alla produzione di ormoni e intervenendo nella trasformazione a fini energetici dei macronutrienti assunti con la dieta, sarà meglio fare un distinguo con le loro parenti strette, le pseudo-vitamine, pure nostre preziose alleate.
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Le pseudo-vitamine sono sostanze chimiche che, sebbene siano assunte con la dieta dall’uomo in quantità limitata (quindi si tratta sempre di micronutrienti), possono essere anche sintetizzate dal metabolismo cellulare.
Siccome sono in grado di provvedere al nostro fabbisogno non si tratta, per la definizione di cui sopra, di vitamine vere e proprie, ma di una categoria di composti a loro molto simili: ne assorbiamo un quantitativo minimo, hanno le stesse funzioni chiave nella vita cellulare, e, in situazioni fisiologiche, siamo in grado di provvedere appieno alle nostre necessità (senza contare l’apporto alimentare). Come a dire che ne produciamo abbastanza e l’introito con la dieta è ridondante.
A questo gruppo di composti appartiene l’inositolo, o, meglio, gli inositoli, una famiglia di molecole dalla struttura simile; tra tutti, il più interessante per la nutrizione umana è il mio-inositolo o pseudo-vitamina B7, che per altro è anche la forma più utilizzata per produrre integratori alimentari.
Le funzioni dell’inositolo sono molteplici e assai disparate: interviene nel signaling dell’insulina, forma l’impalcatura di sostegno delle cellule, regola la salute delle loro membrane, giostra la concentrazione di calcio in particolare nelle unità contrattili (muscolari) e nervose, ma agisce anche nel metabolismo ormonale dei grassi e nella regolazione dell’espressione genica. Appare evidente che si tratta quindi di una molecola essenziale per l’uomo, che entra nell’economia cellulare a più livelli.
Ottime fonti di inositolo sono la crusca, i cereali integrali e i legumi, il lievito di birra, gli agrumi, carni in generale e in modo particolare il fegato – anche nell’uomo quest’organo è deputato, insieme ai reni, alla sua sintesi endogena. La quantità prodotta è di gran lunga superiore a quella ottenuta con l’alimentazione (4 grammi prodotti contro 1 grammo ingerito) e la sua deplezione nutrizionale non sembra causare stati patologici.
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Detto ciò ci son delle condizioni per cui, anche in assenza di carenza, è indicata un’integrazione con questo composto che è stato visto agire su diverse patologie migliorandone di molto la prognosi: stiamo parlando in particolare di disturbi di ansia, sindrome dell’ovaio policistico, sindrome metabolica, anche in menopausa, diabete gestazionale, ipercolesterolemia, varie patologie distiroidee. E in tutte queste affezioni, le donne vincono tristemente la medaglia d’oro.
Come qualsiasi altro supplemento, non bisogna improvvisarci medici di noi stessi: si sa che gli integratori sono un po’ figli di un dio minore, da banco, usati e abusati senza necessità clinica all’inno di “non si sa mai abbia le difese immunitarie basse”, oppure qualora pensassimo serva un piccolo booster all’uscita da un’influenza.
Facciamoci un regalo per questa Festa della Donna: rechiamoci dal professionista in caso di dubbi riguardo il nostro stato di salute, sottoponiamogli un’anamnesi attenta e assistiamo a un esame obiettivo curato. All’integrazione di vitamine e pseudo-vitamine penserà eventualmente il medico. Nel frattempo non tralasciamo una corretta alimentazione e uno stile di vita attivo: sono buone abitudini che ci accompagneranno per tutta la vita… in barba al mal di primavera!
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