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Fascite plantare
Cause, sintomi e rimedi di una patologia che colpisce soprattutto i runner

Indice

  • Cos’è la fascite plantare
  • Il contributo della fisioterapia
  • Evita la fascite plantare con una preparazione atletica adeguata!
  • La corsa e la finestra anabolica muscolare

Cos’è la fascite plantare

La fascite plantare è la causa principale di dolore al piede. Questa patologia colpisce principalmente gli sportivi, tipicamente i corridori o chi pratica sport su superfici particolarmente dure, (tipo parquet per il basket o cemento per il tennis ecc.)

Il dolore si manifesta soprattutto alla mattina, tipicamente al primo passo scendendo dal letto, poi lentamente decresce durante la giornata per peggiorare di nuovo dopo varie sollecitazioni, sia sportive che non.

Le cause della fascite plantare

Tra le principali cause di fascite plantare ci sono:

  • Scarsa flessibilità dei muscoli delle catene cinetiche posteriori (ischiocrurali, gastrocnemio, tendine di Achille, fascia plantare).
  • Ipomobilità della caviglia (con retrazione della sua capsula, magari come esito di una distorsione mal curata).
  • Eccessivo uso di scarpe con tacchi alti.
  • Obesità.

I rimedi per trattare la fascite plantare

Il primo passo da intraprendere è sottoporsi a una visita medico-specialistica fisiatrica per chiarire la diagnosi e stabilire il trattamento più adeguato.

Infatti per fascite plantare si intende un gruppo piuttosto eterogeneo di patologie, ognuna delle quali richiede un inquadramento specifico con l’esame diagnostico più appropriato: ad esempio, un ispessimento della fascia si documenta bene con un’ecografia; una lesione parziale della fascia è meglio visibile a una risonanza magnetica; una calcificazione all’inserzione della fascia sul tallone si valuta con una radiografia.

Il trattamento può essere: 

  • Farmacologico
    (gli anti-infiammatori per via sistemica o locale); 
  • Fisioterapico
    terapia fisica mediante Tecarterapia, Laserterapia, Ultrasuoniterapia e, nei casi cronicizzati, onde d’urto focalizzate; stretching della fascia.
  • Ortesico, con la prescrizione di un plantare per la correzione del difetto dell’appoggio del piede. 

L’alterazione dell’appoggio del piede di più frequente riscontro e la sindrome pronatoria, cioè la tendenza del piede a “cedere” verso l’interno, fin quasi a diventare piatto. Il plantare contrasta questa tendenza e, in base alla gravità del quadro, si può proporre un utilizzo solo nella pratica sportiva o anche nella vita quotidiana.

Le cause principali

Il contributo della fisioterapia 

La fascite plantare arriva a essere così dolorosa da costringere a sospendere l’attività sportiva: purtroppo è solo allora che si prende sul serio la situazione, incolpando dell’infiammazione l’uso di scarpe non adatte o l’ultima attività specifica sostenuta; ma, di solito, si tratta della classica goccia che fa traboccare il vaso.

L’origine risiede in un sovraccarico della fascia plantare e è favorita da una retrazione della fascia stessa e dalla scarsa elasticità del polpaccio e, più in generale, della catena muscolare posteriore.

 

4 step di cura della fascite plantare 

  1. Riposo 

Innanzitutto è necessario mettere a riposo la fascia plantare evitando almeno nelle prime fasi le attività ad alta intensità come corsa, salti, o anche lunghe camminate e lo stare in piedi per molto tempo. È bene individuare l’eventuale la scarpa “sbagliata” e valutare l’uso di talloniere o solette in gel, per ammortizzare l’appoggio del tallone a terra. 

  1. Esercizi di stretching 

In seguito si può iniziare a svolgere esercizi di stretching della fascia plantare e del polpaccio, fa fare con il fisioterapista ma anche a casa. È importante impegnarsi tutti i giorni con costanza in questa pratica. 

  1. Massaggio 

Il massaggio di scarico del polpaccio e decontratturante della fascia plantare sono molto utili nel recuperare l’elasticità di questi tessuti. 

  1. Terapie fisiche  

Il fisioterapista trae un aiuto importante dall’utilizzo di terapie fisiche come le elettroterapie, il laser, gli ultrasuoni, la tecarterapia e le onde d’urto: in particolare quest’ultime, spesso, risultano essere risolutive. 

  • Onde d’urto

Si tratta di un macchinario che genera una vera e propria onda meccanica che, nel propagarsi attraverso i tessuti, sollecita una risposta in grado di stimolare la vascolarizzazione – quindi un migliore afflusso di sangue – promuovere la risoluzione dell’infiammazione e avere un effetto importante sul recupero dell’elasticità della fascia plantare. 

Inoltre, le ripetute sollecitazioni favoriscono anche un sensibile miglioramento della sintomatologia dolorosa mediante l’inibizione dei recettori del sistema nervoso. 

In media si eseguono 5-6 applicazioni con cadenza settimanale ma i miglioramenti, spesso già visibili nel periodo di trattamento, possono manifestarsi anche a diversi giorni dalla fine delle sedute.

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Evita la fascite plantare con una preparazione atletica adeguata!

La corsa è sicuramente l’attività sportiva più praticata. Con la bella stagione in un parco o durante il periodo invernale all’interno di una palestra, i runner sono in costante crescita. Basta un abbigliamento comodo e un buon paio di scarpe per iniziare a svolgere una sessione di allenamento e appagare la voglia di iniziare a correre e fare un’attività dai mille benefici per il nostro corpo. Ma ci sono certamente accorgimenti e precauzioni da prendere per rendere la nostra corsa non uno sforzo, ma un piacere per corpo e mente.

La corsa non può essere solo corsa! Per prevenire eventuali problematiche alle nostre articolazioni è assolutamente consigliato svolgere un’attività propedeutica e integrativa di preparazione atletica a livello muscolare alla corsa. È opportuno svolgere almeno una volta alla settimana dei percorsi di allenamento volti a stimolare la muscolatura di gambe, tronco e spalle tutte parti del corpo che vengono altamente sollecitate durante la corsa.

Inoltre, soprattutto per chi muove i primi passi, è utile alternare fasi di corsa a fasi di ritmo-passo per abituare gradualmente a gestire i carichi che il nostro corpo deve supportare, e sopportare, durante la “fase di volo” della corsa. È inutile e spesso controproducente esagerare fin dalle prime uscite in termini di chilometraggio e ritmo respiratorio.

Ma quanto devo correre?

Io rispondo sempre che è il vostro cuore che deve dirvelo! Alla maglietta fluorescente e alle scarpe alla moda consiglio di integrare un cardiofrequenzimetro, un orologio che sarà il vostro compagno di corsa e che vi aiuterà a rispettare tempi, distanze e ritmo più opportuni in base al vostro grado di allenamento. Si tratterà, soprattutto all’inizio, di lavorare al di sotto della soglia anaerobica cioè quella frequenza cardiaca al di sotto della quale il nostro cuore non va in eccessiva difficoltà.

Ricorda gli esercizi di riscaldamento

Prima di iniziare la nostra sessione di allenamento è necessario svolgere esercizi di riscaldamento per portare la frequenza cardiaca a salire gradualmente, preparare le nostre articolazioni alle sollecitazioni a cui saranno sottoposte soprattutto se svolgeremo il nostro training di corsa in esterno su superfici poco coerenti come brecciolino, sterrato o manto erboso attraverso esercizi di mobilità articolare di caviglia, ginocchio, anca.

Praticare andature che aumentino la capacità di reattività del piede come skip e passo saltellato, nonché stimoli di tipo propriocettivo per prevenire possibili distorsioni. Non devono mancare mai esercizi di elasticità e estensibilità muscolare.

Non esagerare!

Il runner che sottovaluta la fase preparatoria alla corsa tende a farsi spesso male e a correre nonostante il dolore pur di mantenere inalterato il suo programma di allenamento. Niente di più sbagliato! È importante che al primo fastidio articolare si interrompa l’attività di corsa sostituendola con altre come la bicicletta o il nuoto per non sovraccaricare l’articolazione dolente pur mantenendo il nostro corpo in attività.

Quante volte a settimana mi consigli di andare a correre?

La risposta, apparentemente banale, ma che trovo più corretta è: tutte le volte che ne hai voglia!

Lascia che la corsa sia sempre un piacere, accompagnata da sensazioni piacevoli mentre la pratichi. Tre volte alle settimane possono rappresentare l’ideale, due volte sono meglio di una, ma una sarà sempre tantissimo rispetto a nessuna! Inizia piano, impara ad ascoltare il tuo corpo, i messaggi che ti manda… i chilometri arriveranno e forse anche la tua prima partecipazione a una gara podistica!

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La corsa e la finestra anabolica muscolare

Chi si dedica al running, si sa, pone attenzione e cura alla propria alimentazione: questa innanzitutto deve essere sana e bilanciata e poi deve tener conto della differenza nel fabbisogno di micro e macro-nutrienti per i giorni di allenamento e per quelli di riposo, così come per quelli di eventuali competizioni.

Prendiamo i tanto demonizzati carboidrati, ad esempio: una loro corretta assunzione garantisce adeguati i livelli di glicogeno, ovvero il deposito di glucosio presente nel fegato come nei muscoli indispensabile per garantire la performance desiderata. Prima di una corsa amatoriale o competitiva che sia, allora, è bene non rinunciare ad alimenti di origine vegetale quali cereali e derivati (un piccolo panino potrebbe essere una valida merenda pre-workout), mentre una buona fetta di crostata o ciambellone dopo lo sport potrebbe aiutarci a ricostruire le riserve di glicogeno consumate durante l’allenamento.

Proprio così: assumere carboidrati dopo aver effettuato uno sport aerobico quale il running non è una tappa obbligata ma di certo fortemente consigliata. Vi è infatti una tempistica precisa e specifica, chiamata finestra anabolica, in cui i muscoli dell’atleta sono particolarmente ricettivi per ripristinare la scorta glucidica. Non solo: più il glicogeno muscolare è stato consumato più è rapido il suo ripristino completandosi entro le 24 ore successive l’esercizio fisico.

Cosa succede se saltiamo la finestra anabolica muscolare? 

Se saltiamo la finestra anabolica muscolare il reloading glicogenico rallenterà perché stiamo ignorando il temporaneo incremento della sensibilità all’insulina sport-dipendente che rende il muscolo così sensibile agli zuccheri (ma anche agli amminoacidi), fino a costringerci, in casi di estrema fatica, a saltare il futuro workout in programma.

Il tasso di ricostituzione delle scorte glicogeniche, infatti, può diminuire di quasi il 50% se si ritarda l’assunzione di carboidrati nel post-allenamento, e questo è particolarmente vero se durante il running si alternano momenti aerobici a momenti anaerobici, o, per chi è poco allenato, la camminata a passo svelto a una corsa decisamente più impegnativa (interval training).

Sherman et al. 1996. Differential effects of insulin and exercise on Rab4 distribution in rat skeletal muscle. Endocrinology; 137(1): 266-273.

Holloszy, J. O., et al. 2005. Exercise-induced increase in muscle insulin sensitivity. J Appl Physiol; 99(1):338-343.

Haff, G. G., et al. 1999. The effect of carbohydrate supplementation on multiple sessions and bouts of resistance exercise. Journal of Strenght and Conditioning Research; 13(2): 111-117.

Ivy, J. L., et al. 1988. Muscle glycogen synthesis after exercise: effect of time of carbohydrate ingestion. J Appl Physio; 64(4):1480-1485.

Aragon, A. A., et al. 2013. Nutrient timing revisited: is there a post-exercise anabolic window? Journal of the International Society of Sport Nutrition; 10(1): 5.

Maughan, R. J., et al. 2012. Nutrition for sports performance; issues and opportunities. The Proceedings of the Nutrition Society; 71(1): 112-119.

AUTORI

Dott. Alessandro Virgulti
Medico Chirurgo
Specialista in fisiatria

Fabio Fraleone
Fisioterapista

Luca Damiani
Medical fitness manager

Mila Bonomi
Consulente nutrizionale
Coordinatrice del servizio di valutazione funzionale Top Physio Clinics

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